
“No, non corrono per fame. Corrono perché è un movimento che sviluppano naturalmente crescendo. Per gioco, andare e tornare da scuola, andare a prendere l’acqua, tenere a bada asini e capre, sognando di diventare campioni”.

La risposta alla domanda del perché i bambini e le bambine di Bekoji corrono è del totem del mezzofondo etiope Sintayehu Eshetu, per tutti “coach Sintayehu”. 
E’ la disciplina che svela senza pietà gli anarchici, spesso semplicemente “artisti”.
Per capirlo mi basta accodarmi al suo gruppo. Flor sopporta l’intrusione solo perché ho il permesso del coach ma le regole sono regole e quindi qualcuno dei suo rimbrotti per mantenere l’ordine delle file sono anche per me che dopo una ventina di minuti sono già col fiato corto.
L’ora di “lavoro” termina con esercizi condivisi e sincronizzati per poi, sempre su due file, tornare dal coach che ci aspetta in un prato a mezzo chilometro. Dopo pochi passi la discesa mi incoraggia a riprendere una corsetta lenta per accorciare i tempi.
I ragazzi sono 300, per numeri disponibili le scarpe sono molto meno. Coach Sintayehu snocciola i nomi dei meritevoli o dei fortunati. Una lista che divide le espressioni dei visi in entusiasti e delusi. Tra quest’ultimi anche chi le scarpe le riceve ma di quattro o cinque numeri più grandi. Melaku è a terra, in tutti i sensi. Per lui niente scarpe. Mi avvicino e mi illudo di portarlo fuori dallo sguardo di altri che come lui hanno ricevuto niente. Tolgo dallo zaino una canotta alla quale sono molto affezionato perché è griffata “Vharese” e ricorda il figlio di una mamma di Giubiano che ho visto nascere. Gliela metto.
Con un mio consiglio pensavo di aver perso un figlio ed invece, proprio stamattina ho ritrovato un artista autore di un disegno molto più grande”. 
Quando lasci l’africa, quella vera, ti sembra di perdere qualcosa. Invece, ogni volta porti a casa quanto basta per far si che sia inevitabile tornarci.
Oltre al resto, con i miei fantastici compagni di viaggio ci siamo allenati sui gradoni della mitica Piazza Meskel di Addis Abeba, punto di partenza della Great Ethiopian Run che abbiamo corso insieme ad altre 45.000 persone per le strade della capitale. Una festa popolare all’insegna del motto caro all’indimenticabile prof. Enrico Arcelli “Correre è bello”. Bambini più fortunati di Flor e Melaku rimasti a correre a Bekoji, sognando un paio di scarpe. VIDEO
