Eccolo il senso!

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Cosa significa partorire un bambino che non vede? Non sono una donna quindi certe sensazioni non posso conoscerle. Posso dire però che ultimamente ho conosciuto mamme con la emme maiuscola anche se forse sarebbe meglio dire mamme come ogni mamma dovrebbe essere. Quindi, con queste mamme passo volentieri del tempo e mi confronto.
Ultima in ordine di tempo Michela. Una voce giovane che si trova ad affrontare difficoltà così grandi. Parole e pensieri che mi spingono spesso a chiedere alla mia mamma: ma tu come hai fatto? Il senso di colpa per aver generato una creatura che non funziona.
Il ritrovarsi in quella terra di nessuno in cui non sai se chiedere aiuto a un oculista, a uno psicologo, a Dio o a chissà chi altro. Correre da una parte all’altra del mondo in cerca di terapie, ausili e un’attività che possano andar bene ad un bambino cieco.
Cosa sarà meglio per lui? Cosa posso fare per essere adeguato?
Oltretutto molti di questi bimbi hanno dei fratelli che non devono “scontare” la cecità di un membro della famiglia.
A Michela, a modo mio, ho provato a dare delle risposte.
Prima di decidere cosa fare decidi di essere felice con quello che la natura ti ha dato.
Decidi di non farti una colpa per qualcosa che, in realtà, non è dipeso dalla tua volontà      o dalla tua negligenza.
Avere un figlio che ha una disabilità è un trauma, uno shock, ma può trasformarsi in un viaggio stupendo tra le emozioni e le sorprese che solo lui sa regalarti. Bisogna avere il coraggio di decidere di coglierle. Nello stesso tempo ero sicuro che una mamma avrebbe potuto essere più convincente e quindi ho chiesto aiuto ad una persona speciale che tutti i giorni fa i conti con queste situazioni.
Allora chiamo Barbara (con me nelle foto), mamma della splendida Andrea e ricevo in regalo il paradiso:
“Da madre, a Michela voglio dire che una parte del mio cuore, dal primo secondo dalla nascita di mia figlia ha smesso di battere.
In questi primi cinque anni di Andrea i miei pensieri non hanno avuto un attimo di riposo. ll dolore è stato duro, intenso, diretto. E come se non bastasse ecco la paura, che mi accompagna, non mi lascia fino ad essere ormai parte di me.
Ma poi c’è l’altro pezzo di cuore, che funziona e funziona bene inviandomi il segnale che quella cucciola che non vede ti sente e sente il tuo dolore ma anche il tuo amore. I pianti, tanti, tantissimi.

Le notti in bianco, i sorrisi, la sua manina, la sua grinta che cresce con lei ogni giorno. I successi, le fatiche per le terapie, i viaggi, la scuola.
La mia bambina mi dice che ho delle belle gambe, mi chiede se può guardare un dvd, mi ricorda che la torta è in forno, che ha fatto tre biscotti a forma di campana, tre di stella cometa, tre di uovo e se li è gustati bevendo l’acqua dalla sua bottiglietta.
Lei, la mia bambina cieca, si tuffa in acqua con i suoi braccioli e ride come una scemetta perchè ha fatto la pipì nel mare, proprio come me trenta anni fa, facevo la pipi nel mare e ridevo! Beh si, la fatica è tanta. L’energia spesso va in riserva ma non finisce mai perché tu mamma ci sei sempre, ci devi essere.
Ma senza tormentarti nel pensiero del “volevo una bambina normale” quando ne hai una speciale!
Parole speciali di una mamma come ogni mamma dovrebbe essere. Sentimenti di una persona che non ha paura di mostrarsi fragile e allo stesso tempo ha un coraggio che mi fa impressione. Io mi sento piccolo rispetto a lei, io non so cosa posso dare a genitori così maturi e costanti nello stare accanto ai propri figli. Oltre al fatto che ogni volta, in coda ad un messaggio o al momento dell’abbraccio al termine di un incontro, queste stesse persone mi regalano ogni volta complimenti e lodi che mi imbarazzano.
E Barbara, per me, di parole ne ha sempre tante.
“Daniele, averti conosciuto, sentirti, incontrarti, è come bere uno spritz con quella fetta di arancia e quei cubetti di ghiaccio che da ragazzina bevevo spensierata con le mie amiche dopo essermi truccata, pettinata e uscita di casa chiudendo la porta e pensando: oggi mi diverto! Penso che tutte noi mamme ” sofferenti” quando passiamo una giornata con te dimentichiamo un po’ di cose e riusciamo a goderci quello spritz come da tempo non succedeva. Certo, a volerti sono in tanti e sempre di più e quindi devo contenderti ma pazienza, va bene anche così”.
Tutto questo per me vale una risposta ai miei dubbi e alle domande che sempre più spesso mi si presentano in testa la sera, prima di addormentarmi: ma quello che sto facendo e vorrei fare sempre di più ha un senso? Parole come quelle di Barbara sono un chiaro e benefico “sì” che mi risuona nell’anima e alimenta il mio amore per questo mondo e per chi, piccolo o grande, vive ogni momento con coraggio e innamorato della vita.
Grazie Barbara. Ti voglio bene.