Una magia da trasfomare in normalità

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Alle fine dell’anno scorso ho conosciuto la presidente di Asbi Cristina Dieci e il responsabile tecnico dell’associazione Freerider Sport Events Nicola Busata. In una bella serata di fine febbraio Cristina e Nicola sono venuti a trovarmi e mi hanno parlato del Summer Camp, di questa settimana dedicata ai ragazzi con spina bifida, che loro organizzano da qualche anno a questa parte, spiegandomi modalità e obiettivi, attività e momenti rivolti ai giovani, molti dei quali per la prima volta si alllontanano da casa senza genitori al seguito. Argomenti spiegati nei minimi particolari e che mi hanno colpita positivamente fin da subito.
Io sono ostetrica e infermiera e al termine della nostra chiacchierata Cristina e Nicola mi hanno chiesto la disponibilità a far parte del loro staff. Ho accettato subito con grande entusiasmo. Ancor più felice quando mi hanno chiesto cosa ne pensavo della possibilità di coinvolgere gli studenti del corso di laurea in Scienze Infermieristiche dell’Università degli Studi dell’Insubria. L’ho trovata un’idea meravigliosa per mille motivi.
In particolare per poter contare su più forze per assistere e sostenere i partecipanti al Summer Camp ma, soprattutto, perché per i laureandi in scienze infermieristiche questa è una grande opportunità di crescita sia per il potersi rapportare con il mondo della disabilità ancora oggi, ahimè, circondato da diffidenza, ignoranza e paura, sia per vedere e capire come gestire alcune tecniche infermieristiche, come il cateterismo vescicale, nella vita di tutti i giorni riducendo al minimo  avvenimenti avversi. Già, perché in ospedale ci illudiamo di riportare ad un’autonomia parziale o totale pazienti disabili insegnando loro tecniche infermieristiche, come per l’appunto il cateterismo vescicale, secondo i dettami universitari senza pensare che a casa o in un bar forse non possono disporre di un guanto sterile o non sono in grado di metterselo.
Presentato il progetto “Summer Camp Asbi 2017″ all’Università, siamo riusciti ad ottenere tre studenti ai quali se n’è aggiunto un quarto proveniente dall’Università di Brescia. Ragazze e ragazzi meravigliosi che hanno saputo svolgere il loro ruolo in modo serio e competente creando , con i partecipanti, un legame ideale insieme ad una giusta complicità che ha generato un gruppo davvero bello in un’atmosfera di gioco, divertimento e festa che abbiamo respirato in ogni momento, persino in quelli un pò più pesanti dal punto di vista infermieristico.
Tutte le idee che mi ero fatta, con le relative aspettative, sono state ampiamente confermate.
Nel corso della settimana sono diverse lo cose che mi hanno colpita. Su tutte la doppia trasformazione di alcuni ragazzi. Occhi tristi, impauriti, spaesati al loro arrivo, diventati brillanti, vivaci, curiosi nell’arco di un paio di giorni. Ragazzi cupi, ombrosi, diffidenti, trasformatisi in giovani pieni di vita con voglia di fare e mettersi in gioco.
Ma dicevo doppia trasformazione. Si, perché l’aspetto solare si è spento con l’arrivo delle rispettive famiglie; arrivo che per loro significava il rientro a casa ma, soprattutto, il ritorno alla “normalità”.
Lo sguardo di un ragazzo in particolare mi ha trasmesso chiaramente un “ecco, la magia è finita! si ritorna alla solita vita!”. Uno sguardo che insieme ai diversi momenti vissuti al Summer Camp mi hanno fatto riflettere.
Ragazzi spesso messi sotto una campana di vetro dai genitori che per troppo amore, paura o anche solo ignoranza non li lasciano liberi di sperimentare i propri limiti con la conseguenza di non farli crescere. Una campana di vetro che per una settimana Asbi e Freerider Sport Events hanno saputo sollevare anzi, rompere. Lontani da casa, attraverso lo sport, affiancati da operatori qualificati che credono in loro, questi ragazzi si rendono conto di poter fare molto più di quello che fanno quotidianamente. Ciascuno, in base alle proprie potenzialità e capacità, impara a prendersi cura della propria persona e ad impadronirsi del proprio spazio, dipendendo il meno possibile e solo per lo stretto necessario dagli altri.
Grazie a professionisti qualificati e “maestri” nelle loro stesse condizioni capiscono come muoversi guadagnando sempre più autonomia nella quotidianità.
Attraverso attività come il risveglio muscolare, il tennis, il canottaggio, l’handbike, il golf, oppure salendo su un pontile per prendere un battello e addirittura volando in aliante, questi giovani con disabilità prendono coscienza del fatto che i limiti sono molto spesso solo mentali, dettati da paura e insicurezza, che non fisici. Purtroppo l’aspetto negativo del “rientro in una società non ideale” resta ma in me è più forte la felicità di ciò che ho visto e sentito. Mi tengo stretta una collega come Patrizia Ferroni, “veterana” del Summer Camp Asbi, con la quale da subito ho trovato grande intesa.
Questa mia prima volta mi ha davvero soddisfatto e arricchita sotto ogni punto di vista. Nella stessa sera dei saluti nella mia testa c’è stata una esplosione di considerazioni, pensieri e nuove idee per il prossimo anno.
Il 2017 mi è servito per capire dove e come stavo navigando. Ora ho capito in quale direzione voglio andare e mi impegnerò a fondo affinché ogni ragazzo e ragazza possa tornare a casa con la stessa luce che illumina il loro volto nella settimana di un Summer Camp Spina Bifida che Asbi, Freerider Sport Events, come ogni operatore, volontario o sostenitore, non vogliono sia una parentesi ma un trampolino di lancio.
Simona Pettinà