A Mutoyi la prima pagina di una nuova storia

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Ogni viaggio in Burundi, dove ormai oltre 50 anni fa, a Mutoyi, nasceva la Missione del VISPE, diventa una storia che racconta altre storie ricche di incontri, emozioni, inevitabili pensieri, un senso di frustrazione da tenere a bada e al tempo stesso un’occasione per essere utili realmente, concretamente.

Grazie al VISPE, Nicoletta, Matteo e Paolo sono arrivati a Mutoyi per incontrare persone che come loro vivono o dovranno vivere la loro vita in carrozzina. Stessa condizione, cause e realtà decisamente diverse.

Mutoyi è in collina, a circa 1600mt di altitudine, nella provincia di Gitega, città che dal 2019 ha sostituito come Capitale del Paese africano la storica Bujumbura affacciata sul Lago Tanganica.
Per percorrere i 70 km di asfalto e i 30 di sterrato dall’aeroporto di Bujumbura
a Mutoyi servono un autista coraggioso e tanta pazienza, abbondantemente ricambiati da uno scenario unico, guardando al finestrino come davanti ad una tv per capire da subito dove si è arrivati e dove si sta andando

Mutoyi è una bolla unica per colori e calore, accoglienza e sguardi.

Come unico è quanto hanno realizzato religiosi e laici del VISPE da quel lontano 1970, quando arrivarono per incontrare uomini e donne di questo posto magico per quanto sa donare senza limiti. In primis l’ospedale, legato indissolubilmente alle cooperative, le scuole, l’impegno, l’ascolto, l’attenzione e non ultimo il rispetto.

Jean Claude fino al maggio 2023 lavorava come autista in Sudan mantenendo la moglie e i cinque figli rimasti nella loro casa di Kabuye dove il reddito famigliare è arrotondato dalle entrate degli appassionati di calcio che ogni settimana pagano per vedere le partite prevalentemente del calcio spagnolo sul televisore, collegato in qualche modo ad un decoder, acquistato con i risparmi del marito.

Poi l’incidente, l’attesa in ospedale che diventa un parcheggio perchè Jean Claude non può permettersi la necessaria operazione di stabilizzazione della colonna vertebrale.

Quindi, mesi dopo, nella stessa condizione post incidente, il doloroso trasferimento all’ospedale di Mutoyi dove finalmente viene operato e infine dimesso per tornare a casa seduto su una carrozzina generica, senza un cuscino antidecubito.

La priorità è indicargli come può prevenire la probabile piaga sollevando di tanto in tanto il sedere alzandosi con le braccia e dormire in posizione prona.

Jean Claude ascolta, guarda le carrozzine dei suoi “colleghi” italiani, fa domande, racconta spiega, sorride.

Ricambiato con generosità e curiosità dai suoi tre nuovi amici.

Intorno a loro facce e sguardi di tutto il Paese che sgomita per gustarsi l’inusuale scena dalla posizione migliore. Testa e cuore solo per il da farsi e bene, tenendo conto della condizione della persona e dell’ambiente in cui vive.

Il tempo vola. Difficile tenere a bada emozioni, pensieri e si, anche un po’ di rabbia.

Aronne, 33 anni, una moglie e tre figli, si fa trovare a bordo strada attorniato da amici. Aspettava con ansia la visita dei “colleghi” e per questo si è fatto spingere incontro per poi  accompagnarli a casa della madre dove vive da quando è uscito dall’Ospedale di Mutoyi, dopo esser stato operato da una equipe di medici indiani.

Dal piano strada, rigorosamente sterrato, si deve scendere per trenta metri lungo un sentiero che in carrozzina solo persone temprate come Nicoletta, Matteo e Paolo, dotate di ausili preziosi come i Triride, possono affrontare, lasciando sulla destra un pezzo di terra smossa.
Un campo pronto per essere arato e seminato? Chissa?

Come se non bastasse la “discesa ardita”, per arrivare sul “pavimento” di casa Aronne deve scendere due gradini e un sacco pieno di terra che funge da terzo.

Ovviamente la chiacchierata si svolge all’esterno alla presenza della sua mamma e dei suoi tre figli. La moglie è al lavoro nei campi.

Tutto come con Jean Claude. Domande, risposte, ascolto, bagno di folla soffocante e…sorrisi.

Risalendo a spinta Matteo, Nicoletta e Paolo ritrovano questa volta alla loro sinistra la terra smossa ma adesso sanno che si tratta di ciò che resta della casa di Aronne, crollata sulla sua schiena qualche mese prima.

Ma nei pensieri dei tre “inviati” c’è ben presente anche la visita in ospedale e all’orfanotrofio di Nkuba dove chi li ha accolti con il consueto calore ha tenuto a sottolineare l’importanza della loro viaggio nel cuore dell’Africa più povera:
“Grazie alla vostra presenza ora anche i ragazzi di queste colline sanno che la disabilità non è una condizione solo nostra”.

La settimana trascorsa a Mutoyi aveva un obiettivo chiaro dove il verbo “vedremo” non era previsto. L’impegno del VISPE insegna il “faremo” e ai tre ragazzi piace ancor di più “il facciamo”.

Nella meraviglia della Missione VISPE in Burundi si respira, si assorbe e si ascolta ma soprattutto c’è tutto il tempo per pensare a ciò che serve per donare a chi ha una lesione midollare in queste vallate meravigliose almeno qualcosa di ciò che nel primo e nel secondo mondo è scontato o quasi.

Grazie al Vispe e alle storie di Jean Claude e Aronne il viaggio in Burundi di Nicoletta, Matteo e Paolo è la prima pagina di una nuova storia.