DaDaDum, il cuore pulsante della meravigliosa imperfezione

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Cè chi continua a ricercare l’uguaglianza attraverso le parole, riciclando vecchi termini o coniandone di nuovi e per fortuna di tutti noi c’è chi si dedica esclusivamente alla ricerca del talento e del “con”, tagliando pensieri, parole ed energie per il “senza”.
Accettarsi per sbocciare è in sostanza lo stimolo che genera Meravigliosa imperfezione. Il ballo di DaDaDum, il libro creato da Davide Stecca e Anna Piratti, edito da Federighi Editori.

Parole e disegni che guidano alla considerazione del “con” volando alto su diversità e disabilità, dove prevale ancora troppo spesso il “senza”.
Ma quanto dobbiamo ancora aspettare per dimenticarci dell’inclusione per concentrarci unicamente sul talento?

“Sono convinto che più continuiamo a parlare solo di differenze e di come includerle, più continuiamo a creare un divario – risponde Davide Stecca – E’ un circolo vizioso.
Credo si debba cambiare a monte il paradigma dell’educazione e della socialità.
Ti porto un esempio molto pratico riferito al libro, di un’esperienza che ho provato in prima persona leggendolo ai bimbi. Nelle pagine successive la conclusione della storia, DaDaDum si presenta e parla al lettore. Ad un certo punto dice:

E sai com’è possibile questa magia? DaDaDum è quel ritmo incessante del tuo cuore che pulsa, del tuo respiro che fluisce, del tuo coraggio. DaDaDum è il tuo talento, lo hai mai ascoltato davvero?’.

Quando leggo ai bimbi queste frasi si emozionano molto, ma quando chiedo se sanno qual è il loro talento, se ci hanno mai pensato o se ne hanno mai parlato a scuola, loro spesso sono smarriti e spesso la risposta è no. Questo ogni volta mi stupisce e mi fa molto riflettere su quanto poco la scuola sia dedicata alla scoperta dell’individuo; anche da queste considerazioni nasce il mio albo che vuole avere un intento pedagogico e didattico, vuole offrire spunti di riflessione non solo ai bimbi ma anche agli adulti e ai ragazzi, per far riflettere sulla consapevolezza del sé al posto di quella del senza”.

Il vostro libro tocca delicatamente aspetti come la diversità, la paura, la vergogna. Visto quanto mettono in mostra gli adulti è bene rivolgersi ai bambini sperando che?

“E’ importante rivolgersi ai bambini sperando che loro possano il prima possibile avere occhi limpidi e trasparenti su se stessi, non condizionati dagli adulti circostanti.
La scelta espressiva astratta, sia artistica che letteraria, è stata fatta per arrivare direttamente al cuore dei bambini e dei ragazzi, in modo da permettere loro l’opportunità di mettersi davanti allo specchio senza avere a fianco l’adulto. È un albo e sono parole che vogliono far trovare il coraggio di essere e di esistere per quello che si è: non c’è un’unica interpretazione e un’unica lettura ma attraverso l’astrattismo si possono lasciare opportunità interpretative e di sviluppo dello spirito creativo al lettore”.

In tema di disabilità, tra gli operatori il ritornello più in uso è “il problema genitori” quindi, l’inclusione è già realtà perchè tra i genitori il ritornello è lo stesso sostituendo il soggetto con “operatori”. Una patata bollente che passa di mano in mano.
“Condivido. Il rimpallarsi le responsabilità o pensare che sempre sia l’altro a dover fare il passo importante distoglie l’attenzione dal bimbo o dalla persona che in quel momento ha realmente bisogno. Finchè i genitori e gli operatori continueranno in questa direzione, l’unico risultato sarà che il tempo trascorre e le problematiche non vengono nè accolte nè risolte. È chiaro che è un campo molto delicato ed è facile cadere nel qualunquismo, ma sono convinto che se anche nell’ambito della disabilità e della diversità di qualsiasi genere portassimo la persona al centro, potremo fare dei passi avanti importanti”.

In questo modo queste persone, come DaDaDum, quel puntino rosso, sono messe in disparte: pensando di trattarle al meglio e magari di avere per loro un occhio di riguardo. Non ci si rende conto di trattarle ancora più diversamente. È bello, invece, vedere nell’albo come il puntino rosso, proprio alla fine, non è più evidente nella sua diversità, ma diventa parte del tutto: è lapoteosi dell’inclusività”.

Giri l’Italia in lungo e in largo proponendo formazione.
Al di là della partecipazione, quanto la ritrovi poi nella scuola o in altri ambiti?

“La percentuale di ricaduta pratica in questi anni è in sensibile aumento. Noto molta attenzione a nuove metodologie didattiche e pedagogiche che partono dall’accoglienza e dal benessere della persona.

Lavorando con la musica ho vissuto l’identificazione della mia formazione come un qualcosa di puramente didattico e tecnico; in realtà, negli ultimi anni, vedo che viene colta la trasversalità del mio lavoro. Alla musica affianco le emozioni e il corpo, creando strategie creative, musicali, anche attraverso il gentle teaching per il benessere del bimbo e la risoluzione dei problemi del gruppo classe. La musica è solo un mezzo e non il fine.
Questa è l’essenza di RCVE Ritmo Corpo Voce Emozioni, il metodo che ho sviluppato in tanti anni di esperienza. Cerco di portare nella scuola non solo esperienze cognitive ma anche plurisensoriali. E’ la mia grande sfida!”

Scuola oltre è in un certo senso un simbolo del voler guardare al “con” tralasciando il “senza”. Con testardaggine, fiducia e passione tu e i tuoi colleghi siete andati oltre al senso di certezza, senza spazi, senza lavoro senza molto altro.

“Grazie per l’analisi che ritengo molto azzeccata. Scuola Oltre è nata in pieno lockdown, il 17 gennaio 2020, forti di una nostra esperienza in presenza, laboratoriale, pedagogica;
nel giro di un mese abbiamo dovuto trasformare tutto quello che sapevamo per affrontare la nuova situazione pandemica e dare un sostegno pratico e realizzabile ai docenti.
È diventato l’emblema del senza perchè da una formazione laboratoriale in presenza abbiamo trasformato tutto in attività online, con molta attività gratuita, senza spazi reali, inventandosi nuove didattiche, nuove attività. È stato un anno incredibile, abbiamo trovato grandissima accoglienza da parte dei docenti e dei dirigenti; quello che più veniva accolta era la parte umana. Mi ricollego alle domande precedenti: non può esistere metodo pensiero pedagogico didattico o terapeutico se non si parte dalla centralità della persone, dai suoi sensi, dall’aspetto multisensoriale”.

Con questo libro DaDaDum cose vuol far arrivare? Come intendete proseguire per riempire i tanti spazi vuoti ancora tristemente visibili in tema di diversità?

“La centralità del messaggio di DaDaDum è il titolo del libro: Meravigliosa imperfezione. L’ambizione di star bene con se stessi, con quello che si è e come si può, lavorando sodo con coraggio, lottando ma anche accettandosi, non avendo sempre di fronte modelli umani inarrivabili. DaDaDum siamo tutti noi. DaDaDum ha il coraggio di guardarsi allo specchio, di mostrare le proprie emozioni e le proprie debolezze ma poi reagisce, trova con il proprio talento la forza di farsi accettare e conoscere per quello che è.

La mia idea è quella di continuare nellambito della diversità, quella di chiunque nella propria quotidianità. Ognuno di noi è diverso dall’altro nella sua unicità: da qui si parte trovando strumenti adatti per valorizzare ciascuno di noi e fare dei percorsi che ci facciano star bene.
DaDaDum è il tuo essere fiero di quello che sei perché le tue meravigliose imperfezioni fanno di te un essere unico”.

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