Beatrice, soprannominata Bebe, era una bambina appassionata di scherma che faceva la prima media. Bebe era molto bella, aveva gli occhi azzurri pieni di vita ed entusiasmo. Quando era in pedana con il suo fioretto si sentiva una campionessa e sognava di vincere le Olimpiadi. Un brutto giorno Bebe si ammalò: aveva la febbre altissima e delirava. La febbre non si abbassava, quindi i suoi genitori la portarono in ospedale. I medici dissero che forse non sarebbe sopravvissuta; aveva solo una minima possibilità di farcela se le avessero amputato i piedi. I genitori decisero di parlarne a Bebe e lei disse che, se quella era l’unica possibilità di guarire, avrebbe accettato. Purtroppo la situazione peggiorò ancora e in seguito dovettero amputarle anche le braccia e le gambe. Dopo tutte queste sofferenze guarì. Tornata a casa, il suo corpo non era più lo stesso, ma lei si sentiva la Bebe di prima. Era guarita perché voleva vivere: dentro di sé sentiva una forza nuova. Con gli arti artificiali e con grande coraggio tornò a scuola e incredibilmente, dopo un anno e mezzo dalla malattia, ricominciò a tirare di fioretto. All’inizio era un po’ scoraggiata perché le protesi facevano male e si sentiva strana, era tutto diverso da prima: non pensava fosse così difficile! I suoi genitori, il suo allenatore e le sue amiche le stavano vicino e le davano la forza di continuare. Bebe riprese ad allenarsi con entusiasmo sempre maggiore. I miglioramenti erano incredibili e lei volle tornare a gareggiare. Ne parlò con i genitori, con l’allenatore e si iscrisse alla sua prima gara dopo la malattia. Arrivato l’atteso giorno, entrò nello spogliatoio molto agitata perché era tanto che non gareggiava e aveva paura. Sua mamma, mentre le metteva la divisa, la incoraggiava e lei da quel momento ebbe più fiducia in se stessa. Mentre usciva dallo spogliatoio per salire sulla pedana, ricordò quando i medici avevano detto ai suoi genitori che non ce l’avrebbe fatta e lei aveva pensato che fosse tutto finito. Mai avrebbe immaginato di trovarsi di nuovo in gara. Salita sulla pedana, guardò i suoi genitori, l’allenatore e i suoi compagni e sentì che ce la poteva fare. Bebe finì la gara piazzandosi in ottima posizione. La notte andò a dormire felice e soddisfatta, decisa a continuare. Gara dopo gara migliorò sempre di più, finché un giorno si trovò al primo posto del podio. Stringeva forte la medaglia d’oro e gli spettatori urlavano il suo nome: non aveva mai provato un’emozione così forte. Aveva vinto!
Oggi Bebe sogna le Paralimpiadi dove sarà la prima atleta al mondo a gareggiare con quattro protesi.
Martino Ghezzi
5B Scuola Primaria “G.Carducci” Varese (2011)