Nella metropoli culla della civiltà e cosmopolita per antonomasia. Palcoscenico mondiale da dove partì il proclama “Dopo questa edizione delle Paralimpiadi lo sport delle persone con disabilità non sarà più lo stesso di prima”, un cieco non può dormire da solo in un ostello
Proprio a pochi giorni dall’elezione del nuovo sindaco di Londra Sadiq Khan, sono venuto a conoscenza di questo accadimento che suscita in me incredulità e anche un velo di tristezza. L’elezione di un sindaco musulmano moderato ha nutrito, a ragione, nell’opinione pubblica la convinzione che Londra sia la capitale del cambiamento e del coraggio; notizia che assume un significato ancora più forte, alla luce di quanto sta accadento oggi in Europa e di quanto potrebbe accadere a breve in Gran Bretagna con il referendum sulla Brexit. Ebbene proprio a ridosso di questo cambiamento, frutto del percorso da tempo intrapreso dalla metropoli anglosassone, un cieco italiano che viaggia da solo a Londra per imparare l’Inglese non può dormire in un Hostello.
Siamo a By Swater a ridosso di Hyde Park, zona in cui Omar ha prenotato precedentemente su internet un posto letto in una camera condivisa per passare la notte.
“Nelle note, in sede di prenotazione, avevo segnalato la mia cecità – racconta – ma quando mi sono presentato alla reception sono sorti i problemi”.
Il proprietario della struttura sosteneva che, per ragioni di sicurezza, il regolamento interno non accetta persone non vedenti se non accompagnate. Questo perché, in caso di sisma o incendio il cieco non sarebbe in grado di mettersi in salvo in autonomia.
Come dargli torto? Così pensando però un cieco non potrebbe fare nulla in autonomia: prendere la metropolitana, un aereo o anche camminare per la strada da solo potrebbe rappresentare una cosa da vietare. Omar decide di appellarsi ai carabinieri:
“Ho chiamato il numero europeo 112 perché mi aiutassero ma, dopo aver parlato anche col gestore dell’ostello, mi hanno risposto che se il regolamento interno prevede questo atteggiamento, le forze dell’ordine non possono intervenire e dovevo cercarmi un altro posto per dormire. Era però l’una di notte”.
Quindi è meglio lasciare senza dimora un ragazzo non vedente all’una di notte piuttosto che farlo dormire in una camera.
E’ una questione di responsabilità; ma il buon senso? Dove lo mettiamo?
Il buon senso sembra una chimera quando succedono queste cose. Se un soggetto o un ente apre un’attività rivolta al publico è tenuto a fare in modo che la totalità delle persone possano accedervi. E’ lo stesso motivo per il quale le strutture devono prevedere un bagno per disabili, ad esempio. Invece a Londra, città giustamente esaltata perché multietnica e cosmopolita, una disabilità diventa una discriminante grande come una casa. Omar è un ragazzo di 20 anni che studia lingue a Bologna dove, per altro, vive da solo e in completa autonomia:
“E’ la prima volta che mi capita una situazione del genere. –ci spiega – Ho già visitato altre città europee senza alcun problema. Amsterdam, Berlino e Granada si sono dimostrate città accoglienti in cui ho potuto usufruire di tutti i servizi pur viaggiando senza accompagnatore e senza vista.”
A onor del vero in Gran Bretagna la conoscenza della disabilità è ben radicata nella cultura del paese: esistono precise normative per garantire pari diritti nel mondo del lavoro e della pratica sportiva. Proprio a Londra, durante le Olimpiadi e Paralimpiadi del 2012 abbiamo assistito a una vera “rinascita” del movimento paralimpico. Voglio sperare che a breve anche il “movimento del buon senso” cresca in egual misura al di là della Manica.