Dopo due prime volte da brivido Martina Rabbolini (nella foto con papà Cristian) ha voltato pagine in cerca ai altre prime volte. Centrate e messe in archivio la partecipazione alle due massime manifestazioni agonistiche, mondiale a Glasgow 2015 e Paralimpiadi a Rio 2016, la nuotatrice non vedente di Villa Cortese si è tuffata nel nuovo quadriennio olimpico con il nuovo grande obiettivo della Paralimpiadi di Tokyo 2020.
Alla tessera della Federazione Italiana Nuoto Paralimpico con il Gruppo Sportivo Non Vedenti Milano, Martina ha aggiunto anche quella della Federazione Italiana Nuoto con il Team Insubrika dove ha trovato la sua nuova guida tecnica in Gianni Leoni con il lavoro in vasca di Fabio Fantoni, concludendo la più che positiva collaborazione con il tecnico besnatese Andrea Caruggi.
“Dopo Rio dove ho vissuto un’esperienza fantastica ho pensato fosse arrivato il momento di cercare nuovi stimoli in un nuovo ambiente. La piscina dove mi alleno resta quella di sempre, la Manara di Busto Arsizio, ma il resto è tutto diverso. Prima novità, la più importante, è il far parte di un gruppo, atleti con i quali confrontarmi, scambiare sensazioni, pensieri, sogni. Poi i metodi d’allenamento diversi da quelli che comunque mi hanno permesso di arrivare a questi livelli. Ripeto, del lavoro svolto con Andrea e del rapporto con lui come persona oltre che come tecnico non ho niente da cancellare, anzi, ma la vita per come la intendo io necessità dei cambiamenti giusti al momento giusto. I primi a stupirsi della mia scelta sono stati i miei genitori che non senza perplessità mi hanno ascoltata per poi rispettare la mia volontà. Il mio unico modo di ricambiare il loro supporto è quello di rimettermi in gioco, con la passione e l’impegno di sempre”.
Giornata tipo?
“Cominciamo dalla scuola, ultimo anno al Liceo Linguistico di Arconate, compressa dalle tante ore in piscina dove rispetto al passato i carichi e i km sono decisamente aumentati. Fisicamente sono a logicamente a pezzi ma mentalmente sto benissimo.
I muscoli se ne faranno presto una ragione. Questa è mia nuova strada dove ho trovato nuovi compagni di viaggio che giorno dopo giorno mi stanno migliorando come atleta e come persona”.
Primo obiettivo stagionale?
“Senz’altro i mondiali in Messico a fine settembre. Voglio andarci e ci proverò con tutta me stessa ma se il cambiamento è uno stimolo al tempo stesso può nascondere anche qualche incognita. Il lavoro da fare è tanto e per di più è al momento molto concentrato sulla tecnica quindi, vediamo cosa saprò fare e di conseguenza meritarmi”.
Dimmi qualcosa del post Rio.
“Beh, l’eco di quella fantastica avventura è andato spegnendosi ma penso sia normale.
Per quanto mi riguarda ho girato tanto nelle scuole e dove sono stata invitata per raccontare le mie emozioni e promuovere il nuoto paralimpico e non solo.
Un segno concreto di quello che può regalare un’esperienza così importante è incontrare altri nuotatori, a partire dai compagni di allenamento, che ti chiedono consigli, aneddoti, curiosità, nonostante i miei diciannove anni non siano certo indice di atleta matura.
Essere utile a chi sta sognando come ho sognato io mi rende ancora più felice e mi fa apprezzare ancora di più il fatto di praticare lo sport che amo ai massimo livelli”.
Traduci cosa significa “provarci per il mondiale”.
“Poche distrazioni, impegno totale, abbassare i tempi per scalare il ranking fino ad arrivare nelle prime quattro posizioni. Nella rana devo ancora limare circa cinque secondi mentre negli altri stili sono un po’ più indietro ma non dispero. Gli step importanti da qui a settembre sono gli assoluti invernali a Caserta, il meeting interregionale di Busto Arsizio e i giovanili a Fabriano in aprile, con gli italiani per società in maggio a Lignano e infine gli assoluti in luglio”.
Dopo Rio hai la sensazione di essere diventata un punto di riferimento per i giovanissimi non vedenti ma soprattutto i loro genitori magari ancora incerti se avvicinarsi o meno allo sport.
“Sinceramente no. Si nel mio girare per incontri e manifestazioni più di una mamma mi ha chiesto come e dove ho iniziato a nuotare, qualcuno anche come faccio!
Ma non solo genitori di bambini ciechi. Forse perché non mi fermo tanto sull’importanza della pratica sportiva per un bambino non vedente ma su quanto lo sport è importante per la crescita, sotto ogni aspetto, di chiunque”.