Ogni tappa dello Ski Tour distribuito in sette Regioni dall’Associazione Freerider Sport Events è occasione infinita di incontri, scambio d’informazioni, conoscenza di storie e di esperienze. La presenza di professionisti tra gli operatori è raro che sia perché inviati da un Ente o da realtà del sociale. Più spesso la molla è la passione per il proprio lavoro e la curiosità per capire ciò che al chiuso di un ospedale o un ambulatorio è difficile anche solo da immaginare penalizzando il già non facile rapporto tra medico e paziente con lesione midollare al pari di ogni altra disabilità. Chi arriva in carrozzina trova ad accoglierlo chi in carrozzina come lui c’è da molto prima e quindi un compagno di rinascita già rodato e portatore sano di risposte che da pazienti è difficile trovare. Al via della tre giorni di Canazei la mente è tornata al 2012, prima volta in Sicilia, sulla neve del’Etna. Un’idea generata l’anno prima da Adelelmo Dibiasi (foto sopra a destra), uno degli operatori della Polizia di Stato del Centro Addestramento Alpino di Moena. “Perché non in Sicilia?”. Domanda, in realtà un sogno, che in un ambiente come quello della Freerider non poteva cadere nel vuoto. La distanza con relativi costi importanti per spostare mezzi e attrezzatura da Varese a Catania furono barriere molto meno difficili da superare rispetto allo scarso interesse da parte di chi avrebbe dovuto stendere un tappeto rosso a volontari e operatori decisi ad insegnare lo sci da seduti anche sull’Etna.
Ma come accade sempre, anche nel deserto sbocciano i fiori, in questo caso gli incontri con le persone giuste che prima di un lavoro coltivano passione e attenzione per gli altri. Sull’Etna la Freerider ci andò pochi mesi è tornò per la seconda volta nel 2013 arrendendosi negli anni a seguire per la mancanza di neve. Ma ormai il seme era piantato e dalle Unità Spinali di Palermo e Catania sono sbocciate richieste di partecipazione generate dai professionisti giusti al posto giusto e grazie al tour informativo parallelo della Freerider condiviso con il Team Teleflex 4 Active Living. Quest’anno il gruppo dei siciliani è arrivato alla tappa nelle Dolomiti, a Canazei. Tra loro un quartetto dall’Unità Spinale dell’Ospedale Cannizzaro di Catania: Lucia Marchese, Antonino Spampinato, Maurilio Vaccaro e Francesco Campisi, guidato dal medico fisiatra Tiziana Di Gregorio e dalla terapista occupazionale Antonella Maiolo (nella foto sotto), entrambe alla loro prima uscita con i Freerider.
“Fin da quella prima volta sull’Etna seguimmo con interesse quella che per tutti noi era una novità – racconta la Maiolo – Prima gli incontri di promozione con Freerider e Teleflex per poi mandare alcuni nostri pazienti alle tappe fuori dalla Sicilia. Quest’anno abbiamo voluto vivere in prima persona ciò che in tanti ci hanno raccontato con entusiasmo in questi anni”.
Prima di esserci quali dubbi o preoccupazioni?
“Preoccupazione no – interviene la Di Gregorio – Il dubbio era che potesse non piacere non tanto l’esperienza in se ma la disciplina proposta. Dubbio scomparso da subito nel vedere i nostri pazienti apprezzare ogni aspetto dell’iniziativa che avevamo pensato per loro. Abbiamo addirittura ricevuto i complimenti dai Freerider per aver scelto persone animate dal giusto spirito. A nostra volta siamo noi a complimentarci con lo staff perché si sono dimostrare persone le persone ideali per accogliere e accompagnare i nostri pazienti in questa esperienza per loro difficilmente immaginabile fino ad oggi”.
In questo senso la vostra gratificazione più bella è quella di aver sentito Antonino ripetere più volte: “Dopo aver vissuto questa esperienza rimpiango di non averla provata quando avrei potuto sciare in piedi”.
“Sono pensieri a voce alta che ci danno conferma di essere sulla strada giusta – continua la Di Gregorio – Un aspetto che rafforza il nostro rapporto che va ben oltre a quello professionista-paziente. Noi siamo venuti a Canazei utilizzando giorni di ferie, convinti del fatto che la nostra presenza possa dar loro maggior tranquillità e al tempo stesso ci permette di crescere umanamente e professionalmente, sulla neve, in albergo, a spasso per il paese ed in ogni altro momento del giorno e della notte, all’insegna della normalità. Pane quotidiano per una terapista occupazionale ma insolita per chi come me lavora in ospedale. Nel primo giorno sulla neve ho potuto guardare da vicino, l’equilibrio, la postura a seconda della lesione ma soprattutto sentire ogni loro sensazione, dai primissimi movimenti alla discesa vera fino al rimpianto di non aver sciato quando avrebbero potuto farlo in piedi”.
Tornando al vostro lavoro al “Cannizzaro” cosa vi portate di questa tre giorni?
“Tutto quello che abbiamo potuto vivere in prima persona – risponde la Maiolo – con la determinazione di far vivere la stessa esperienza ad ogni altro paziente nella condizione di viverla. Già per Canazei le adesione avrebbero potuto essere di più ma per motivi di salute o famigliari non è stato possibile ma il passa parola dei nostri ragazzi con famigliari e amici ha fatto si che la positività della tre giorni insieme è arrivata in Sicilia ancor prima del nostro ritorno a casa”.
Com’è che una fisiatra ed una terapista occupazionale vadano così d’accordo?
“Dovrebbe essere la regola – risponde la Di Gregorio – Personalmente ritengo la figura della terapista occupazionale fondamentale nel team di riabilitazione. La loro è una presa in carico globale del paziente. Sanno come, dove e con chi vive, condividendo esperienze anche extra ospedaliere, ricavandone enormi vantaggi relativamente al ritorno alla vita reale molto diversa da quella in ospedale”.
Ad esempio?
“Qui a Canazei ci sono quattro persone delle quali tre in carrozzina. La più giovane è Lucia, maggiorenne da poco, prima volta lontana da casa, senza genitori, a confronto con un ambiente nuovo e altri coetanei che come lei stanno conquistando un bene prezioso come l’autonomia”.
Il tormentone di chi strada facendo è diventato partner della Freerider, dalla Polizia di Stato ai proprietari alberghieri fino ai responsabili degli impianti di risalita è: ”Vivendo questa esperienza ho capito limiti e barriere che senza questi ragazzi non avrei nemmeno pensato di avere”. Lo Ski Tour è cresciuto a dismisura in numeri e contenuti tagliando case dedicate o impianti riservati.
Si parla solo di hotel, ski-lift, funivie e piste”.
“L’aspetto determinante è proprio questo – conferma la Maiolo – Nell’albergo di Canazei c’era un bagno per disabili per ogni piano ma per la crescita di Lucia è stato positivo vederla utilizzare unicamente il bagno in camera, non accessibile ma per certi versi didattico. Ecco, dovessi scegliere l’aspetto più gratificante di questa esperienza non avrei dubbi: la naturale iniezione di entusiasmo, autostima e integrazione sociale”.