Scherma, integrazione e…molto altro

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Scherma nel Dna, ricerca, sperimentazione e attività. Lo sport nel sangue l’ha eredito da suo padre Marcello, Maestro della Nazionale azzurra per vent’anni con un bagaglio di campionati del mondo, Olimpiadi e Universiadi.
“Sono un ricercatore e mi occupo di psicologia clinica applicata allo sport da ormai più di 20 anni – si racconta Giovanni Lodetti (al centro in piedi nella foro sotto) –
Come giovane assistente alla Cattedra di psicologia clinica con il prof Carlo Ravasini,
all’ Università Statale di Milano, negli anni 90 ho sviluppato gli studi di settore. Nella scherma ci sono da sempre ho tirato per la Nazionale italiana sia juniores che assoluta di spada in coppa del mondo per qualche stagione negli anni 80-90 e dal 1987 sono Tecnico di scherma”.
Com’è arrivato dalla scherma in piedi alla scherma da seduti?
La scherma da seduti l’ho rilanciata nel 2005 quando in occasione di un incontro sul tema welfare sportivo ho riorganizzato un campionato regionale mettendo a frutto l’esperienza maturata nei sette anni precedenti nel Comitato Italiano Paralimpico occupandomi a vario titolo di attività tecnica. Poi, nel 2007 ho organizzato il primo corso propedeutico di scherma per non vedenti in collaborazione con il Cus Milano, l’Istituto dei Ciechi, il Circolo della Spada intitolato a mio padre e la Provincia di Milano, ripreso poi in un corso articolato con il Cip Lombardia nel 2010 con ben 6 allievi”.
Primo allievo in carrozzina?
“A memoria dico nel 2005, nella struttura del nostro Circolo. Ero con Carmelo Asero e Simone Fanti, quest’ultimo giornalista ed editorialista del Corriere della Sera.
In seguito arrivarono altri, come ad esempio Graziano Magro, grazie anche allo sportello di psicologia che dirigevo all’Unità Spinale del Niguarda”.
Coordinamento tecnico e non solo.
“Molto altro – risponde Lodetti – Da responsabile della formazione nazionale della Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali a docente della scuola regionale del Coni Lombardia, da presidente di due società internazionali di psicologia alla fondazione, insieme alla dott.ssa Roberta Ravasi, del Circolo dedicato al mio papà ospitato nelle Caserma Teulie di Milano”.
Dia un po’ di numeri.
“Oggi il Circolo della Scherma ‘Marcello Lodetti’ conta più di cento iscritti con 3 ragazzi in carrozzina, un ragazzo sordo, 6 tra ipovedenti e non vedenti che partecipano a gare nazionali e 3 ragazzi cognitivi, che partecipano come ogni altro tesserato ad attività ludiche e tecniche. Anche per quanto riguarda l’aspetto cognitivo si tratta di una esperienza maturata con ragazzi down fin dai primi anni 80. Dal 2003 siamo gemellati con il Cus Milano per tutte le attività formative ed organizzative in ambito accademico sportivo. Con me oggi collaborano ottimi è preparatissimi operatori di settore sportivo tecnico psicologico quali la Responsabile Maestro Roberta Ravasi a cui sono affidati tutti i dettami tecnici della Scuola, il Maestro Carlo Costamagna ed i tecnici Claudio Serto, il prof. Roberto Pedrini, il dott. Lorenzo Radice con la collaborazione della dr.ssa Elena Mongilardi, l’assistente tecnico in formazione dott. Leonardo Dandolo e la dott.ssa Alessandra Cova per gli aspetti di ricerca. Oltre che con il Cus Milano abbiamo un buon rapporto di attività con la Fondazione Don Gnocchi e il Laboratorio Sporthec. Senza dimenticare che l’intero staff di professionisti dell’Associazione Internazionale di Psicologia e Psicoanalisi dello Sport è spesso impegnato nella preparazione di laboratori tematici di formazione ed integrazione”.
Uno come lei cosa vuole per l’ambiente in cui è nato e cresciuto?
“Come uomo di sport sempre attento a ciò che riguarda il potenziale miglioramento del benessere dell’atleta senza distinzioni porrei sempre più attenzione e considerazione agli aspetti classificatori. Dare grande attenzione a ciò vuol dire dare grande considerazione alla dignità di prestazione dell’ atleta e dell’ uomo atleta.
Mi auguro si operi sempre di più in questa direzione, soprattutto nella scuola primaria, in relazione allo sport e alla piena integrazione”.