Dopo quelle di Pechino nel 2008, Francesca Secci ha riprovato l’emozione delle Paralimpiadi a Rio tornando a casa con un sorriso ancor più luminoso di quello che gli hanno donato mamma e papà.
“E come potrebbe essere diversamente – risponde Francesca –
E’ stata una bellissima esperienza con momenti più e meno positivi perché non sempre mi sono presentata in vasca fisicamente al meglio. Inutile dire che la gara più felice per me è stata la 200 misti dove ho stabilito il nuovo record italiano ma anche nei 50 stile non sono andata poi così male visto che ho fermato il cronometro sul mio secondo tempo di sempre. Quindi è andata benissimo”.
Ora butta via il cronometro! Goditi riposo e affetti…raccontandoti un po’.
Prima volta in piscina?
“Oh mamma mia! Allora, avevo tre anni e la piscina era naturalmente quella di Sestu dove sono nata, in provincia di Cagliari. Subito tanto nuoto, tante gare, fino ad arrivare alla qualificazione per le Paralimpiadi in Cina. Dopo quella bellissima prima volta, avevo diciotto anni, ho lasciato un po’ perdere il nuoto per lo studio. Terminata con successo la Magistrale non ho avuto altrettanto successo nel trovare un lavoro e quindi mi sono ributtata in acqua a tempo pieno trovando in Max Tosin la persona giusta per ricominciare, sognando Rio 2016. Grazie a Max mi è stata data la possibilità di far parte del progetto “AcquaRio” per il quale mi sono necessariamente trasferita a Milano grazie a due sponsor meravigliosi: i miei genitori”.
“A Rio per una decina di giorni ti sei misurata con i migliori atleti del mondo. Cos’hai ricavato da questa full immersion ad altissimo livello? Cosa potresti fare più dell’impegno che ci metti?
“Alla prima domanda rispondo tanta ammirazione per grandi talenti e atleti. Per quanto riguarda il cosa potrei fare di più non me lo sono chiesta perché in ogni gara di questa avventura ho dato tutto quello che avevo da dare, il raccolto frutto di una preparazione svolta con grande impegno e non pochi sacrifici. Certo, sarebbe bello poter pensare unicamente ad allenarsi e gareggiare. Invece ho in testa incertezze come cosa succederà per la prossima stagione, se avrò le possibilità economiche per continuare un eventuale sviluppo del progetto AcquaRio, insomma, se e come continuare visto che, come t’ho detto, oltre all’impegno della Polha Varese posso contare solo sui miei genitori. A ventisei anni il mio primo desiderio è quello di essere autonoma ma per esserlo dovrei lavorare e se lavorassi addio nuoto a questi livelli che comporta necessariamente due o tre allenamenti al giorno, raduni e trasferte”.
Oltre alle 13 medaglie l’immagine più bella di Rio è la squadra schierata a bordo vasca per ogni gara ed ogni premiazione dov’era protagonista uno di voi.
“Dalla Nazionale mancavo da un po’ di tempo e devo dire che tornando ho trovato un gruppo stupendo, la parola giusta nel momento bello e quello meno bello. A Rio ci siamo per forza di cose frequentati un po’ meno a causa degli orari e della diverse giornate di gara ma il clima è rimasto sempre e comunque quello ideale, quello di una vera e propria famiglia”.