Il Cenone della Varese più bella dona, racconta, insegna

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2020

La Varese più bella ha scaldato ancora una volta il salone dell’Oratorio di Giubiano per accogliere chi vive con poco o niente. Ognuno con la sua storia, senza domande, senza risposte, è arrivato grazie al benefico passaparola dei volontari guidati, non comandati, da Luisa Oprandi. Per molti è stata l’occasione di una doccia calda, di un pasto caldo, di un caldo quanto raro abbraccio, di un vestito e un paio di scarpe, usato pulito e proprio per questo con il valore aggiunto del calore di chi l’ha donato. Nel salone dell’Oratorio di Giubiano, il colore è uno solo, la lingua è una sola, l’attenzione per gli altri è la stessa di sempre della Varese più bella. L’odore, le facce e le mani raccontano mille storie a chi le vuole vedere, ascoltare.
Solo una sera si ma per molti arrivati a sedersi a tavola significa tanto. Spalla a spalla con chi si conosce e con chi no, passandogli l’acqua, il piatto, un sorriso.

Mario è tornato quest’anno perchè “qui l’anno scorso è stata la sera più bella da quando è scomparsa mia moglie”. Ha una casa, figli e nipoti che lo credono a letto. Anche stavolta, per lui è stata una bella serata, in un posto dove non si è sentito di troppo. Anche stavolta è arrivato, ha preso il suo piatto di risotto, ha scambiato due parole con chi lo ha accolto e poi si è perso guardandosi intorno, sentendo di avere qualcosa in comune con chi una casa e una famiglia non ce l’ha più e al tempo stesso provando un senso di colpa perchè “io ho tutto il necessario per vivere dignitosamente, mentre questa gente sopravvive con dignità e nient’altro”. Un pensiero fisso che spinge Mario ad andarsene prima del brindisi, come ha fatto l’anno scorso, perchè “scambiare auguri di buon anno mi sembra di prendermi e prendere in giro”

Grazie a persone come Luisa e alla sua squadra di persone di ogni età, nel salone dell’Oratorio di Giubiano una volta cinema teatro dove suonava
“Il segno dei tempi” papà del “Distretto 51” e dove andò in scena per anni il musical “El barchett de Boffalora”, da più di dieci anni nell’ultima sera dell’anno c’è un odore, un calore, facce e mani che donano, raccontano e insegnano tanto. 

Un privilegio anche solo metter dentro la testa per poi tornare ognuno alla propria vita ma con molte più domande e sempre meno risposte.