Sport e salute…senza riposo

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Smaltito in fretta il fuso orario e i ritmi della trasferta in Brasile il medico dello sport Federico Egidi è già tornato al suo lavoro al Campus Medico di Varese , nello staff diretto da Mario Carletti che in quanto a sport disabili e Paralimpiadi ha ben poco ancora da imparare. Egidi era nello staff medico della missione azzurra alle Paralimpiadi di Rio.
“E’ stata un’esperienza molto impegnativa per i continui spostamenti tra il Villaggio Olimpico e le diverse sedi di gara ma al tempo stesso affascinante – risponde Egidi – Per fortuna non ci sono state criticità particolari e quelle capitate si sono risolte molto rapidamente. Principalmente abbiamo svolto attività di controllo a partire dall’antidoping particolarmente rigoroso, con frequenti prelievi di sangue e urina”.
Ma la zanzara Zika s’è vista no?
“Guardi, chi non è venuto a Rio per paura della zanzara probabilmente aveva di meglio da fare”.
Com’è stato avere a che fare con atleti che non conosceva o comunque che non seguiva nelle rispettive discipline?
“Devo dire che con tutti gli atleti, chi più chi meno, si è instaurato prima di tutto un buon rapporto umano con fiducia da entrambe le parti. Il clima è sempre stato sereno e sempre più confidenziale”.
Mangiando al Villaggio Olimpico sarà stata dura curare nel dettaglio l’alimentazione di ognuno.
“La mensa del Villaggio Olimpico era molto ben fornita e questo ci ha permesso di organizzarci al meglio per contenuti e quantità. Molto buona è stata anche l’igiene degli alimenti, cosa che in alcuni Paesi può diventare un problema”.
Lei è arrivato a Varese tramite la Federcanottaggio. Queste Paralimpiadi per il pararowing non sono state felici. Risultati che aumentano la malinconia di vedere Paola Grizzetti tecnico di Israele e Marco Galeone responsabile del Sudafrica.
“Purtroppo il gruppo del pararowing ha dovuto affrontare più di un problema a partire dal quattro con che ha potuto prepararsi insieme solo poco più di un mese. Federazione e staff tecnico hanno fatto fino in fondo il loro dovere ma tra le difficoltà maggiori c’è anche la scarsità dei numeri del movimento”.
Buon tutto al pararowing! Torniamo al doping. In ogni occasione gli esperti pullulano con pareri e dichiarazioni sputando sentenza.
Sembra che tutti siano esperti e consapevoli di tutto.
“Magari tutti fossero esperti e consapevoli! Personalmente penso che in tema di doping il primo consapevole e responsabile debba essere l’atleta. Ovviamente noi medici ci siamo dovuti informare e siamo in costante aggiornamento sul tema che comprende la famosa lista dei medicinali, normative e relative procedure. In questo senso è certo che in Italia siamo all’avanguardia sotto ogni aspetto. Dalla gestione a livello centrale alla capilarizzazione delle informazioni sugli atleti”.
E’ vero o no che ci sono discipline più protette dl altre?
“Sinceramente a questa domanda non so dare una risposta. Io penso che ognuno debba fare la sua parte per debellare il fenomeno del doping per combatterlo con ogni arma possibile”.
Dal suo ritorno a casa dopo oltre venti giorni di overdose di sport quanto tempo ha avuto per disintossicarsi?
“Neanche un giorno! Lo sport è il mio lavoro e dal giorno dopo il mio rientro ero già al Campus. Non c’è stato verso di convincere Carletti che a Rio de Janeiro ho lavorato sodo…”.