Alessandro è un bambino che ascolta, prova, decide e insegna

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Un evento, una iniziativa, una manifestazione, hanno più senso quando non iniziano e finiscono al termine del programma ma solo se lasciano qualcosa a chiunque li pensa, li realizza, partecipa, vede o legge la relativa comunicazione, lo viene a sapere.

Più semplice e ad effetto una serata ricca di nomi e luci ma poi?

Chi si ritrova genitore di un bambino o di una bambina con disabilità ha fame di opportunità che permettano al proprio figlio, alla propria figlia, di crescere come ogni altro bambino e bambina.

In tema di sport per persone con disabilità, dalle Paralimpiadi di Pechino 2008 attenzione, comunicazione, sensibilità, servizi e competenze sono componenti innegabilmente cresciute ma come, dove, per chi?

Il merito dell’evidente miglioramento è in gran parte delle singole associazioni molto più locomotive di Enti e Istituzioni più spesso a traino o comunque in arrivo con forti ritardi.

“Camp” e “Academy”, con altri o senza nomi sono da tempo il pane quotidiano delle associazioni. Un pane che finalmente anche le singole Federazioni hanno iniziato a infornare e proporre a beneficio di chiunque anche se, al momento avviene ancora pescando in gran parte da giovani e giovanissimi reclutati in primis dalle associazioni.

Non è il caso della Bebe Vio Academy dove la locomotiva è ovviamente Bebe, l’impegno è dei suoi genitori e di un selezionato staff di operatori e volontari, il sostegno è di un’azienda multinazionale: Nike.

Alla Bebe Vio Academy proposta nella stagione scolastica in due turni di quattro mesi con due allenamenti settimanali, sono arrivati bambini e bambine con disabilità neuromotorie, e non solo, quasi tutti alla loro prima opportunità utile per svolgere attività motoria con l’approccio ad alcune discipline sportive paralimpiche con continuità.

Tra questi c’era Alessandro, 13 anni, sguardo impenetrabile, risposte quando decide di darle, aperto ad ogni proposta ma con momenti di…riflessione.

Dal suo arrivo in palestra accompagnato dalla sua mamma Alessandro ha guardato, ascoltato e ha deciso: “Si, ci provo”.

Quattro mesi in crescendo, pochissime assenze, sempre più presente. Mano sempre più calda nelle partite di pallacanestro. Sempre più confidenza con la tecnica di base della scherma, reattivo nel calcio, ogni volta più veloce nella corsa dove arrivando prima di tutti abbozza addirittura un sorriso (per Alessandro il termine “addirittura” ci sta). Partecipa, aiuta, ascolta, gioca ma soprattutto decide a cosa giocare e chi ascoltare. E se gli capita l’occasione di volare nel tubo d’aria più grande d’Europa (AeroGravity) decide di no e non serve richiederglielo perché Alessandro te lo spiega con calma: “No significa no”.

Per lui la Bebe Vio Academy è stata una opportunità utile che ai suoi compagni di classe e ai suoi professori all’esame di terza media ha voluto raccontare così:

“Questo lavoro è nato dalla mia partecipazione alla Bebe Vio Academy che ho frequentato negli scorsi mesi. Qui mi sono trovato molto bene, ho imparato nuovi sport e altri che conoscevo già ma in modo diverso. Ho incontrato molte persone nuove, tra cui alcuni personaggi famosi, volti dello sport e non solo.
Ho avuto la fortuna di incontrare Bebe Vio durante le mie prime settimane all’Academy.
Il 22 marzo stavo andando a mettermi la tuta negli spogliatoi e all’improvviso mentre stavo per entrare in palestra è arrivata Bebe!
È stata con noi durante tutto l’allenamento prima di basket in carrozzina e poi fuori a fare atletica.
Era molto contenta dei nostri allenamenti e ci dava supporto.
Alla fine dell’allenamento le ho consegnato il ritratto che avevo fatto per lei.
Durante il periodo alla Bebe Vio Academy ho realizzato alcune interviste agli allenatori delle diverse discipline proposte. Da parte di tutti ho visto un grande entusiasmo, la voglia di scoprire talenti e aiutare i ragazzi con difficoltà a superare paure e limiti.
Come ci hanno spesso spiegato gli allenatori molti ragazzi arrivano all’Academy non consapevoli delle proprie possibilità convinti di avere più limiti di quanti ne hanno effettivamente. Diventa quindi molto importante dimostrare loro che possono farcela.
Come ha detto Giuseppe Cerqua detto “Beppe”, ex rugbysta, preparatore atletico di Bebe e responsabile tecnico dell’Academy, si tratta di una vera sfida per il bene di ragazzi in cerca di entusiasmo e motivazioni nello sport. Alla fine dell’intervista, alla mia domanda “cosa ti piace di più?”, Beppe mi ha risposto: “Voi, mi piacete voi!”.
All’Academy ho provato il basket in carrozzina, il sitting volley e abbiamo incontrato tre giocatori dell’Olimpia Milano, la squadra più titolata d’Italia e tra le più forti d’Europa.
Durante l’allenamento uno dei giocatori mi ha detto che ero bravo e mi ha fatto piacere.
In palestra è venuta anche mia sorella per vedere come funzionava, provando tutte le discipline.
Nello stesso giorno è arrivata anche Bebe ed io mi sono emozionato.
Sono arrivato alla fine di questa esperienza. Penso sia stata bellissima. Ho imparato il lavoro di squadra e gli istruttori sono stati disponibili nell’insegnarmi nuovi sport, spronandomi a imparare e migliorare.
Lo sport che mi è piaciuto di più è stato la pallacanestro in carrozzina perchè è molto divertente. Non credevo che mi avrebbe coinvolto così tanto.
L’anno prossimo mi piacerebbe continuare con il basket in carrozzina.

Come ha scritto Bebe “Il mondo che ho sempre sognato esiste per davvero. Questo angolo di Milano rappresenta la mia felicità”.

“Grazie al basket – dice mamma Claudia – Ale ha scoperto il piacere di andare a vedere le partite dell’Olimpia, il che si traduce in un impegno settimanale che altrimenti non avrebbe. Un motivo per entrare nei discorsi dei compagni di scuola al lunedì acquisendo la consapevolezza di poter far parte di un gruppo che per lui e chi è come lui è tutt’altro che scontata”.

Ciò che resta ad Alessandro è sapere di poter stare con gli altri e la volontà di giocare a basket, magari in piedi visto che può farlo, magari aprendo nuove porte dove trovare nuovi compagni per iniziare una nuova avventura perché così facendo potrà parlare di se agli altri al lunedì come in ogni altro giorno della settimana, a scuola come in ogni altro luogo.

A chi ha il privilegio di conoscerlo Alessandro insegna a non chiedergli cos’ha e cos’è.
Domande alle quali forse risponderebbe: “Sono un bambino, significa che sono un bambino”.
Grazie Ale!