Una squadra che cresce e alza la voce

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“Eccoci qua, siamo il padre e la figlia capitati fin qua. Siamo una grande famiglia. Abbiam lasciato soltanto un momento la nostra vita di là…”.
E’ così che capita di vivere giornate che restano perché vanno oltre gli incontri e le emozioni che regalano.
A Brescia c’è una grande famiglia che vive aspettando una risposta.
Problema: bambini non vedenti e ipovedenti a scuola.
Operatori, genitori e bambini del Centro Non Vedenti e dell’Associazione Bambini in Braille parlano al vento chiedendo il diritto allo studio. Ciechi che si rivolgono a chi sembra non vedere e non sentire nonostante sia deputato a decidere per loro.
Purtroppo a decidere spesso senza sapere, verificare, conoscere. Ancora più spesso a non
decidere, peggio, a non rispondere.
Lo sanno bene le persone con disabilità neuromotoria e ancor meglio i titolari di locali pubblici alle prese da tempo con regole per la realizzazione dei servizi definite e decise a tavolino, tanto contorte dal vederle poi realizzate con “pezze” all’italiana o, come accade nelle case private, soluzioni nemmeno prese in condirezione anche se pagate dall’assistenza sanitaria pubblica.
A Brescia, il Centro Non Vedenti e l’Associazione Bambini in Braille presieduta da Piera Sciacca, navigano a vista. Non è una battuta anche perché non c’è niente da ridere. Aprendo quella porta sei accolto da sorrisi, entusiasmo e passione contagiosi che lo sarebbero anche per chi oggi – paragonabile alle tre scimmiette non vedo, non sento, non parlo – gioca a non ascoltare questi portatori sani di dignità senza rendersi conto di quanto sia scollegato dalla realtà creando di conseguenza guasti enormi che, soprattutto perché relativi all’infanzia, pesano inevitabilmente sulla crescita dei bambini.
“Nessuno di noi chiede la luna – attacca Pietro Bisinella (primo nella foto a destra), presidente del Centro Non Vedenti Brescia – Alla Regione Lombardia chiediamo semplicemente e da tempo di sederci ad un tavolo non tanto per cambiare le linee guida ma almeno per parlarci, capirci, trovare soluzioni, mettere al sicuro struttura e attività di una riconosciuta eccellenza come la nostra realtà. Dal Governatore Maroni all’assessore al welfare Gallera amano ripetere in ogni occasione ufficiale che anche in campo sociale la Lombardia è ricca di eccellenze. E’ bene che lo dicano perché è vero ma sarebbe utile che se ne rendano conto loro per primi occupandosene, ascoltandole, sostenendole, vigilando con rigore sui post accreditamenti e non distratti o assenti come ci stanno dimostrando dall’aprile scorso. In qualche modo, per quest’anno, possiamo far fronte ad una difficoltà oggettiva ma senza risposte il 2018 sarà l’anno della chiusura.
Vogliamo informare Regione Lombardia che qui si lavora anche d’estate quando si trasformano in Braille tutti i libri di testo. Che ogni anno investiamo in ausili e attrezzature per dare a tutti i nostri bambini una quanto più ottimale parità di dotazione. Senza risposte, com’è accaduto quest’anno, al via della stagione scolastica le famiglie non avevano ancora la possibilità di sceglierci a causa del ritardo degli accreditamenti. Famiglie alle quali abbiamo dato noi risposte e anche se in grave ritardo i libri per ovviare ad una situazione paradossale quanto frustrante nell’avere materiale pronto che non potevamo consegnare.
Politica e schieramenti c’entrano fino ad un certo punto, noi tutti stiamo parlando di due aspetti ahimè sempre più rari: “logica e buon senso”.
Se le urla miste a preoccupazione del Centro Non Vedenti e dell’Associazione Bambini in Braille non sono arrivate fino all’ufficio giusto del Palazzo della Regione, diversa è l’efficacia del passa parola che non fa distinzione tra chi vede e chi non vede arrivando chiaro e diretto a chi capisce e fa squadra. I due primi rinforzi sono già carichi e sul pezzo: Daniele Cassioli e Fabio Volo. Il primo, non vedente e campione del mondo di sci nautico, infaticabile al fianco dei bambini non vedenti e ipovedenti, il secondo bresciano e scrittore italiano più letto.
“Conosco da poco Fabio Volo ma è come se lo conoscessi da sempre – dice Cassioli con in braccio il piccolo Lorenzo, come lui di Gallarate, arrivato a Brescia con mamma Mara e papà Mimmo (nella foto del titolo), anche loro per far squadra con gli amici bresciani – Poterlo avere in quella che considero come una mia casa di una mia famiglia è per me come per tutti una grande emozione. Così come non ho dovuto convincere Fabio a venir qui tra i suoi mille impegni in giro per il mondo, allo stesso modo non voglio pensare che sia necessario convincere chi invece ha il dovere di trovare soluzioni e dare risposte ma una sveglia si! Non tutti i bambini hanno la fortuna o le condizioni di crescere come mi hanno cresciuto i miei genitori ma tutti i bambini ne hanno il diritto”.
Tra un locale e l’altro del Centro e della sede di Bambini in Braille il tempo sembra fermarsi ma le lancette dell’orologio girano veloci.
Fabio Volo è conteso, toccato e abbracciato dai bambini che vogliono conoscerlo “guardandolo” come le mani.
Cassioli si ferma toccando un busto in marmo realizzato da chi come per magia gli viene passato al cellulare: lo scultore cieco Felice Tagliaferri. Una bella e piacevole chiacchierata che termina con una saluto sul quale chi vede, insieme ai dinosauri della pseudo cultura, ricama da sempre disagio condito a ipocrisia: “Sono contento di averti sentito – conclude Cassioli rivolgendosi all’emiliano Tagliaferri – adesso però dobbiamo fare in modo di vederci”.
Non prima di un abbraccio in musica dei bambini che umidifica i suoi occhi, Fabio Volo corre verso il suo impegno successivo assicurando di esserci sempre, se necessario anche di accompagnare tutti i suoi nuovi piccoli compagni di squadra fino alla porta del Palazzo della Regione per bussare con quante più mani possibile affinché risulti più forte il rumore dei tanti cuori che battono. Cassioli della squadra è il capitano virtuale e riconosciuto, a Brescia come in ogni altro luogo dove arriva “lasciando soltanto un momento la vita di là”, tradotto: il suo lavoro di fisioterapista.
Come sempre nel momento di lasciarci non si capisce chi ha accompagnato chi e chi deve ringraziare chi. Il pensiero “ditemi cosa posso fare per voi” è già svanito pochi minuti dopo il nostro arrivo, sostituito da “quanto mi state dando, insegnando”.
La strada per il rientro a casa non è lunga ma abbastanza per scatenare nella testa un uragano di pensieri, emozioni, rabbia, difficili da riordinare ma necessariamente da trasformare in energia. L’unica certezza rimane il privilegio di conoscere persone così per le quali è sempre bene…
“capitare fin qua…inchinandosi ripetutamente e ringraziando infinitamente…”
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